– PIER FRANCESCO ORSINI –
Per avere un profilo biografico chiaro del personaggio più illustre della città di Gravina si prenderanno in considerazione i punti essenziali. Prima di tutto dobbiamo annullare la notizia di chi ne aveva collocato la nascita a Napoli o a Roma. Una lettera dell’Arcivescovo di Benevento a un tale abate Cipolla del 1713, relativa a una vertenza economica tra gli ecclesiastici di Gravina e il suo feudatario Filippo Bernoaldo, e il manoscritto lasciato dallo stesso l’anno successivo, in occasione della sua presenza in città per la vacanza di vescovo della diocesi, confermano i suoi natali a Gravina. Pier Francesco Orsini di Ferdinando III e Giovanna della Tolfa nacque il 2 febbraio del 1650 nel palazzo ducale di Gravina, “città forte per le mura, bella per il luogo, celebre per l’aria, per la frequenza di popoli, per la fecondità dei suoi terreni” ( Ferdinando Ughelli (1595-1670), abate cistercense fiorentino, Italia sacra).
Conferma è l’iscrizione della vasca del fonte battesimale della cattedrale dove egli stesso dice di aver ricevuto il Battesimo. Dal manoscritto si sa che visse a Gravina fino all’età di 17 anni e crebbe all’ombra dei domenicani presso la chiesa di San Tommaso, oggi San Domenico. Amante delle lettere e della lingua latina fondò a Gravina l’ ”Accademia dei Famelici”. Nel 1669 furono dati alle stampe i suoi Sacra Epigrammata. Partecipò attivamente alla vita culturale del tempo come membro dell’ “Accademia degli Spensierati” e dell’ “Arcadia” con il nome di Teofilo Samnio.
Destinato a ereditare il feudo come figlio primogenito, alla vita mondana preferì la vita ecclesiastica, inutilmente ostacolata dalla madre che ricorse al Papa Clemente IX perché lo dissuadesse da questa decisione. Fermo e ostinato nel suo progetto, il 13 febbraio del 1668 Pier Francesco Orsini, duca di Gravina, principe di Solofra, conte di Muro e barone di Galluccio, presso il notar Angelucci a Roma rinunciando in favore del fratello Domenico al feudo, alla proprietà e ai titoli di famiglia, abbracciò la vita religiosa con il nome di Fra’ Vincenzo Maria. Il 23 febbraio del 1671 venne ordinato frate domenicano.
L’anno successivo Papa Clemente X lo creò Cardinale. A nulla valse il suo rifiuto perché fu invitato ad accettare il porporato dal generale dei domenicani. Dopo aver ricoperto diversi uffici nei dicasteri romani, il 28 gennaio del 1675 fu nominato Arcivescovo di Siponto – Manfredonia. Qui mise subito in evidenza la sua indole di sostenitore dei deboli istituendo il “Monte frumentario” e il “Monte di Pietà”. Restaurò l’episcopio e la chiesa metropolitana, realizzò un seminario vescovile e un ospedale. Queste sue doti gli valsero la nomina a Vescovo di Cesena da parte di Papa Innocenzo XI nel 1680. Qui pretese da parte dei presbiteri diligenza nel loro ufficio e, pur prodigandosi in iniziative pubbliche, non visse un rapporto felice con i cesenati.
Per le sue doti e le sue qualità di pastore sensibile verso le “cose di Dio”, Papa Innocenzo XI lo trasferì nell’ Archidiocesi di Benevento.
– CARDINALE ORSINI A BENEVENTO –
Il 30 maggio dell’anno 1686 il cardinale Pier Francesco Orsini fece il suo solenne ingresso nella città di Benevento. Nella nuova sede riuscì a esprimere, in tutta la sua forza, una capacità straordinaria nel guidare una diocesi tanto grande. Attento a non disperdere le memorie del passato, restaurò la biblioteca e salvò importanti documenti, riordinando gli archivi arcivescovili prima di Manfredonia, poi quello di Benevento, combattendo gli abusivi detentori di documenti d’archivio. Nel 1714 rimise ordine all’archivio capitolare di Gravina durante una visita apostolica. Questa sua azione gli meriterà nel 1923, da parte di Papa Pio XI, il titolo di “Papa archivista” per eccellenza.
– PAPA BENEDETTO XIII –
Alla morte di papa Innocenzo XIII il cardinale più probabile a succedergli era il cardinale Paolucci, già segretario di Stato di due papi. Per il veto imperiale alla sua elezione, si pensò ad un asceta rigoroso, anche avanti negli anni, ma pio e lontano dalle faccende politiche. E ciò perché i sovrani europei non si sentissero minacciati dalla chiesa. Si cercava, comunque, un Papa di elevata statura morale. Così la scelta cadde sul personaggio che più e meglio presentava questi requisiti: Cardinale Fra Vincenzo Maria Orsini, al secolo Pier Francesco Orsini da Gravina in Puglia, città dove era cresciuto nella fede, dove erano i ricordi della sua adolescenza, dove erano sepolti i suoi genitori.
L’elezione, contrastata da cardinali faziosi e sconvolta da ingerenze politiche, avvenne il 29 maggio del 1724. La consacrazione fu solennizzata il 4 giugno. Il nuovo Papa assunse il nome di Benedetto XIII in memoria di Papa Benedetto XI, anch’egli domenicano e instancabile nella sua azione di sommo pastore della chiesa. Mai dimentico delle radici della sua formazione di servo di Dio, iniziò il suo nuovo ministero, più grande e difficile. Mostrò la sua grande umiltà facendo portar via dal suo appartamento tutto ciò che vi era di prezioso e sfarzoso, dichiarò a tutti la sua profonda umiltà, che manifestò in tante circostanze. Si narra che un giorno, andando per le vie di Roma in una carrozza semplice e popolana, incontrasse un giovane nobile che pretendeva la precedenza secondo le regole del tempo che si riconoscevano solo ai titolati. Il Papa, non riconosciuto, avrebbe ordinato con sorriso al suo cocchiere di retrocedere. Nelle sue passeggiate quotidiane visitava gli ammalati. Un giorno, non avendo trovato in regola i letti, rimproverò aspramente gli inservienti ricordando loro che agli ammalati doveva essere riservato lo stesso trattamento riservato al papa.
Il 25 giugno promulgò per l’anno 1725 il XVII Giubileo della storia della chiesa, con l’intento di celebrarlo senza sfarzi, soprattutto con penitenza e devozione. Per l’occasione rinnovò i bandi di Innocenzo XI circa il bando del gioco del lotto, ma ritirò la scomunica contro quelli che assumevano tabacco nel coro, nella sacrestia, nel portico e nell’oratorio della Basilica Vaticana.
Un anno intenso in cui riuscì a esprimere tutto il suo carisma che si esaltò nella conversione al cattolicesimo dal luteranesimo di un principe tedesco. Non si intimidì di fronte a sovrano e grandi personaggi dell’epoca che lo raggiungevano in occasione del Giubileo.
Cancellò il carnevale, obbligò i sacerdoti a eliminare la parrucca, abolì il lotto, favorì le missioni dei francescani in Oriente e in America. Costruì l’ospedale di San Gallicano per le malattie infettive, fondò il penitenziario di Comito per la riabilitazione dei carcerati e ampliò l’ospizio della Trinità dei Pellegrini. Nel 1727 fondò l’Università di Camerino.
Reintrodusse anche la penitenza pubblica per i peccati più gravi. Tale austerità non fu molto gradita dai romani al punto da ridurre l’affluenza dei pellegrini. Come pellegrina d’onore scelse Maria Clementina, contessa di San Giorgio e moglie del pretendente al trono di Gran Bretagna, Giacomo III Stuart.
In occasione del Giubileo completò e inaugurò la scalinata di Trinità dei Monti, la cui costruzione era stata avviata già nel 1721, e canonizzò nove santi, tra i quali si ricordano Luigi Gonzaga e Stanislao Kotzka.
Per questa circostanza utilizzò paramenti preziosissimi e pregiatissimi, oggi custoditi dalla chiesa di Gravina.
Nel 1727, in un viaggio di dieci giorni, giunse a Benevento, città che non aveva e mai poteva dimenticare per il suo apostolato lungo 38 anni.
Disinteressato alla vita politica, commise l’imprudenza di affidarsi al monaco carmelitano Nicolò Coscia, inviso a molti e visto come un tristo figuro, che si era portato da Benevento e lo aveva creato segretario dei Memoriali. Il Coscia, secondo le cronache del tempo avrebbe abusato del suo alto ufficio per saziare la propria ingorda cupidigia.
Benedetto XIII, messo al corrente da alcuni cardinali circa la riprovevole condotta non prestò fede alcuna che riteneva solo malelingue, anzi nel Concistoro dell’11 giugno del 1725 lo insignì della sacra porpora, nonostante il voto contrario di nove cardinali.
Questa presenza al suo fianco del cardinale Coscia gli allontanò la stima e i favori che meritava per l’abnegazione e la prodigalità mostrate nel suo ufficio di Ministro di Dio. Infatti, furono interrotti i processi di canonizzazione aperti alla fine del secolo XVIII e all’inizio del secolo XX. Oggi si è riaperto per la terza volta il processo.
Fiaccato nel corpo e non nello spirito, il 21 febbraio del 1730 rese l’anima a Dio.
La rivalutazione storica di questo grande figlio della terra di Gravina sta riaccendendo oggi la grande speranza e la fiducia dei cittadini per una sua elevazione agli onori degli altari.
MUSEO CAPITOLARE DI ARTE SACRA
Sistemato in piazza Notar Domenico nel secentesco palazzo ex – seminario, espone l’ampio parato sacro in seta ricamato con fili di oro utilizzati dal Papa Benedetto XIII in occasione della canonizzazione di San Luigi Gonzaga (1726). Nella sezione degli argenti di notevole pregio sono: la stauroteca a croce patriarcale, detta di Lorena, dono di Samuele vescovo di Gravina dal 1215 al 1244; il calice in argento di Monsignor Francesco Bosio (1568 – 1574), un calice in oro del settecento, un turibolo con relativa navetta del cinquecento, il pastorale del papa Benedetto XIII. Tra le tele: San Martino attribuito al Cavalier d’Arpino, maestro di Caravaggio.
(testi a cura del Prof. Giovanni Pacella – Associazione Benedetto XIII)